IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento civile iscritto al n. 2471 del r.g. proc. spec. dell'anno 1990 e promosso con ricorso depositato in data 12 luglio 1990 da: Ciesa Paolo e Ferro Giovannina, ricorrenti, con il procuratore e domiciliatario avv. Riccardo Furno' per procura a margine del ricorso contri il comune di Padova in persona del sindaco pro-tempore, resistente con i procuratori e domiciliatari avv. Ferdinando Sichel, Umberto Costa, Carlo De Simoni, Chiara Laverda e Paolo Rossini per procura in calce alla copia notificata del ricorso. Il pretore - sciogliendo la riserva di cui al verbale di udienza che precede - osserva quanto segue. Nel corso del procedimento in epigrafe indicato il patrocinio del comune di Padova ha depositato copia conforme all'originale del verbale 4 settembre 1990, relativo alla seduta della giunta municipale, la quale ha autorizzato il sindaco a costituirsi in giudizio, decidendo altresi' l'immediata eseguibilita' del provvedimento. Nel punto n. 3 di tale verbale si legge che non viene sottoposta "al controllo la presente deliberazione ai sensi dell'art. 45 della legge 8 giugno 1990, n. 142". Non e' contestata tra le parti in causa la competenza della giunta a emettere il sopra citato provvedimento, ex art. 35 della legge 8 giugno 1990, n. 142. E' viceversa controverso se l'atto in questione debba essere sottoposto al controllo del comitato regionale di controllo previsto nell'art. 41 della legge n. 142/1990 citata. In proposito non pare al pretore che possa essere condivisa l'interpretazione - prospettata dal procuratore alle liti dei ricorrenti - secondo la quale, posto che sarebbe riservato alla competenza della giunta "cio' che non e' di competenza del Consiglio", il quale emana "le delibere fondamentali alla vita dell'ente", "...... la giunta viene riportata al ruolo istituzionale di organo meramente esecutivo ......."; di conseguenza dovrebbe essere ritenuto che la legge n. 142/1990 non avrebbe inteso contrapporsi al dettato dell'art. 130 della Costituzione, "sottraendo le delibere di giunta al controllo di legittimita'", ma avrebbe previsto che tali delibere "siano esenti da controllo in quanto atti meramente esecutivi .......". Tale interpretazione, infatti, pare non convincente alla luce, anzitutto, dell'art. 35 della legge cit., nel quale si rinviene la distinzione tra atti che non rientrano nelle competenze del consiglio comunale e del sindaco o di altri organi (competenza residuale) e atti di attuazione degli indirizzi generali delineati dal consiglio. Nei primi vanno compresi provvedimenti non certo esecutivi di delibere consiliari, come ad esempio i contratti non previsti nelle lettere i ) ed m) del secondo comma dell'art. 32. Inoltre come e' stato rilevato dagli stessi ricorrenti, nella memoria depositata in data 17 gennaio 1991, l'art. 45 della legge n. 142/1990 ha previsto che le deliberazioni delle giunte sono sottoposte al controllo del Co.Re.Co. solo quando sia stata inoltrata richiesta da una percentuale minima di consiglieri: cio' significa che, qualora una richiesta cosi' qualificata non sia stata inoltrata, il controllo non viene esercitato. Non pare inoltre dubbio, secondo lo scrivente, che gli atti menzionati nell'art. 45 non siano emessi in esecuzione di indirizzi generali dettati dal comune: tali sono, oltre i contratti sopra menzionati, anche le statuizioni su "assunzioni, stato giuridico e trattamento economico del personale", di cui alla lettera c) del secondo comma dell'art. 45; infatti il confronto tra quest'ultima disposizione e l'art. 32, secondo comma, lett. c) della legge 142 citata - che attribuisce ai consigli comunali la competenza a disciplinare lo stato giuridico e le assunzioni del personale, ossia di stabilire le norme in materia - indica che i provvedimenti non normativi, ma pur sempre discrezionali e riguardanti il personale componente tutte le piante organiche previste dal consiglio, tra i quali l'attribuzione delle qualifiche e le progressioni di carriera, sono di competenza della giunta. Da quanto precede non sembra infondata la tesi prospettata dalla difesa del comune, secondo cui l'art. 45 piu' volte citato va interpretato nel senso che sono soggette al controllo di legittimita' dal Co.Re.Co. solo le decisioni riservate alla competenza del consiglio comunale, mentre le deliberazioni in generale, che rientrano nella competenza della giunta comunale, possono essere sottoposte al controllo solo per discrezionale iniziativa diretta della giunta medesima. Senonche', cosi' interpretato, l'art. 45 non sfugge al sospetto di incostituzionalita' rispetto al disposto dell'art. 130 della Costituzione. Infatti il riferimento, nel primo comma di tale articolo, agli atti dei comuni - intesi in dottrina come atti degli organi collegiali - che devono essere sottoposti al controllo di legittimita', non si vede per quale motivo dovrebbe essere inteso come limitato alle deliberazioni del consiglio comunale e non comprensivo dei provvedimenti della giunta, tranne il caso di discrezionale richiesta di controllo, da parte di quest'ultima. La rilevanza della questione circa il contrasto dell'art. 45 con l'art. 130 della Costituzione appare evidente: infatti sulla legittimita' del procedimento di autorizzazione del sindaco a stare in giudizio va svolto un controllo ai sensi dell'art. 182 del c.p.p. nella prospettiva dell'esercizio dei doveri poteri previsti nel secondo comma di tale articolo; inoltre la verifica sulla capacita' processuale e' questione, secondo ripetuta giurisprudenza, di ordine pubblico e la soluzione che il giudice da' a tale questione, in presenza di contrasto tra le parti, puo' essere oggetto di gravame (tra le tante Cass. 26 ottobre 1983, n. 6315, in Foro It. 1984, I, 1945 ss.).